07/09/2022 – Una riflessione del Designer e Art Director di D-Air lab, Alberto Piovesan, prima dell’intervento alla Tavola Rotonda in occasione della celebrazione degli 800 anni dell’Università di Padova, sul tema Spazio.
“Il termine Space Economy è entrato in modo importante nello scenario quotidiano, non solo di chi opera “nel settore”, ma anche e sempre più di ognuno di noi.
La stessa espressione rimanda in maniera assolutamente naturale ed inevitabile allo Spazio, ma va considerato che dietro a questo “nulla cosmico” si celano invece moltissime sfumature che delineano una complessità fatta di aggregazione e sperimentazione; e proprio qui -questa volta- vorrei soffermarmi, rimanendo per un istante con i piedi piantati (o quasi) a Terra.
Vorrei parlare dell’Antartide, il trait d’union tra l’ordinaria quotidianità e le missioni spaziali del prossimo futuro. Il Polo Sud non a caso è, per le caratteristiche ambientali, uno dei campi di test per la preparazione degli astronauti, ma è qualcosa di assolutamente vicino anche a D-Air Lab: nello scenario dei tanti ambiziosi obiettivi dell’azienda vi è quello provvedere alla protezione di chi, proprio come gli astronauti, opera in condizioni ostili, quasi proibitive.
Nasce quindi una tuta che per caratteristiche innovative è molto vicina a quella degli astronauti ma che – per l’esigenza di vestire un sostenuto numero di ricercatori da qui ai prossimi anni – tiene conto forse per la prima volta in questo contesto “spaziale” delle logiche proprie dell’industrializzazione.
Ecco quindi che tutte le scelte (dalla selezione del singolo filato, della singola membrana, alle componenti elettroniche, alla sensoristica) vengono fatte in funzione delle performance ma anche della fattibilità tecnica, della riproducibilità, dei costi e dell’affidabilità: +3220 m s.l.m. e -70° percepiti sono stati alcuni dei parametri che ho avuto modo di testare personalmente in una simulazione in camera climatica per misurarci proprio con il contesto.
Un’esperienza – dall’ideazione iniziale ai test – che ha visto coinvolte numerosissime figure con competenze totalmente differenti (designers, esperti in ergonomia, ingegneri, medici) a dimostrazione che collaborazione e coesione (all’interno di un contesto come può essere quello del nostro distretto ricchissimo di piccole imprese) costituiscono elementi fondamentali per la riuscita di progetti tanto ambiziosi.
Tutto diventa più facile inoltre nel momento in cui iniziamo a guardare a queste imprese come non a qualcosa di futuribile ma a qualcosa di ben più vicino a noi.
Da designer infine, mi sento di aggiungere che non deve mai venir meno all’interno dell’organismo “Team” la parte Sognatrice – meno tangibile – che in un equilibrio costante tra fantasia e fattibilità permette a noi tutti di raggiungere nuove mete con mezzi sempre più efficienti; della la serie: “credere per vedere e non viceversa”.”
In copertina la Biosuit, la tuta spaziale progettata e realizzata da Dava Newman (Prof.ssa di Aeronautica, Astronautica e Ingegneria dei Sistemi al MIT (Massachusetts Istitute of Technology) ed Ex Vice Amministratrice della NASA), in collaborazione con Dainese, più leggera, aderente ed ergonomica delle classiche tute spaziali, progettata a partire dagli studi di Arthur Iberall degli anni ‘40 sul concetto delle “linee di non estensione”, linee sul corpo umano sulle quali è possibile esercitare una pressione senza per questo limitare i movimenti.