05 / 10 /2022 – Quest’anno i ricercatori che operano ai Poli hanno assistito ad un fenomeno mai visto finora: sia nel continente Artico, che in quello Antartico, infatti, le temperature registrate sono state di gran lunga al di sopra della media stagionale.
La stazione Concordia è una delle stazioni permanenti oggi operanti in Antartide ed è una delle poche ad essere gestita da due nazioni contemporaneamente: Italia e Francia. I ricercatori delle due nazioni collaborano per raccogliere dati utili a studiare il passato, il presente e il futuro di questo continente di ghiaccio (e della Terra in generale). La stazione Concordia, situata a 3.233 m di altitudine, nel mese di marzo, si trova di solito ad essere avvolta da temperature di circa -55°C. Quest’anno i ricercatori hanno registrato una temperatura di “soli” -11,8°C: 40 gradi in più rispetto alla temperatura alla quale erano soliti operare!
Il caldo registrato in Antartide è stato un evento straordinario, ma i ricercatori affermano che questi eventi saranno sempre più frequenti a causa dell’impatto della crisi climatica.
Le conseguenze sono molteplici: dall’aumento del livello del mare, alla perdita di riserve di acqua dolce; dall’estinzione di diverse specie marine (a causa dell’immissione in oceano di alte quantità di acqua dolce), all’alterazione del ciclo delle maree e delle correnti (che causerebbe un ulteriore peggioramento della condizione climatica terrestre), fino all’aumento del rischio di nuove pandemie (a causa della grande presenza, nei ghiacciai, di tanti microrganismi non noti, oggetto di studio dei ricercatori).
Nell’ipotesi estrema in cui si sciogliesse l’intero continente Antartico, si stima che si innalzerebbe il livello dei mari di oltre 60m, con conseguenze catastrofiche, fra cui la sparizione di città costiere come Londra o Venezia.
Il lavoro dei ricercatori ai Poli è quindi di grande importanza e la tuta Antarctica garantisce loro la giusta protezione durante i lavori di studio e raccolta dati all’esterno della stazione: le temperature, infatti, seppur con picchi inusuali (e comunque rigidi), mettono a dura prova il lavoro dei ricercatori, che si trovano ad operare anche a temperature che si aggirano intorno ai -80°C.