Conoscere la normativa per i lavori in quota è il primo passo per evitare incidenti che, spesso, possono anche rivelarsi mortali. Questo tipo di attività lavorativa, infatti, è tra quelle che presentano maggiori fattori di rischio per la salute dei lavoratori. Per questo motivo, tra i vari obblighi è previsto anche quello di una formazione teorica e pratica che garantisca loro competenze sulla valutazione del rischio, sulle misure preventive e sul corretto utilizzo dei dispositivi di protezione.
In questo approfondimento verranno analizzate non solo le normative vigenti, ma anche la formazione per i lavoratori esposti al rischio di caduta dall’alto.
Indice:
- La normativa: gli obblighi del datore di lavoro
- La normativa: quali sono i DPI obbligatori
- La normativa: la formazione per i lavoratori in quota
La normativa: gli obblighi del datore di lavoro
La normativa di riferimento per i lavori in quota è il Titolo IV capo II del D. Lgs 81/08, detto anche Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro. Esso, per prima cosa, all’articolo 107, dà una definizione di questa attività: i lavoratori in quota sono quelli che vengono esposti al rischio di una caduta superiore ai 2 m di altezza rispetto ad un piano stabile. Con “piano stabile” si intende un piano o una superficie d’appoggio che non possono subire gli effetti della forza di gravità, come il terreno o il pavimento di un edificio.
Poco più avanti, l’articolo 111, stabilisce quali sono gli obblighi specifici del datore di lavoro, che, in generale, deve scegliere le attrezzature più adatte basandosi su questi due macro criteri:
- Privilegiare le misure di protezione collettiva (ad esempio parapetti e reti di sicurezza) rispetto alle misure di protezione individuale (come imbracature, caschi e cordini).
- Scegliere le dimensioni delle attrezzature in modo che siano adatte alla tipologia di lavoro da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di rischi.
Inoltre, per garantire la salvaguardia dei lavoratori è tenuto a:
- Identificare i sistemi di accesso più idonei, in base alla frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell’impiego. In particolare, il sistema di accesso deve consentire l’evacuazione in caso di pericolo e inoltre il passaggio da esso a impalcature, passerelle, ecc. non deve costituire pericoli per il lavoratore.
- Scegliere le modalità di esecuzione dei lavori sulla base dell’effettiva esposizione ai rischi, quindi:
- È possibile utilizzare una scala a pioli in caso di rischio ridotto e di impiego occasionale, cioè in circostanze che non giustifichino l’uso di attrezzature più sicure;
- le funi (alle quali il lavoratore è sostenuto) e i sedili muniti di appositi accessori possono essere usati solo quando, dopo aver valutato il rischio, risulti che il lavoro possa essere svolto in sicurezza e che il luogo non sia compatibile con l’utilizzo di attrezzature più sicure.
- Adottare misure atte a minimizzare i rischi insiti nelle attrezzature citate al punto sopra, prevedendo eventualmente anche dispositivi anti-caduta.
- Adottare misure alternative equivalenti ed efficaci, qualora, in casi particolari, fosse necessario rimuovere temporaneamente un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute. Al termine di questa situazione particolare, il dispositivo di protezione collettiva deve poi essere ripristinato.
- Effettuare lavori in quota solo se le condizioni metereologiche lo consentono e non mettono in pericolo la sicurezza dei lavoratori.
- Assicurarsi che i lavoratori non assumano sostanze alcoliche e superalcoliche durante i lavori in quota.
La normativa: quali sono i DPI obbligatori
Come abbiamo visto sopra, nella scelta delle attrezzature da utilizzare, il datore di lavoro deve dare la priorità ai dispositivi di protezione collettiva. Ma cosa fare se questi non sono sufficienti ad eliminare tutti i rischi per i lavoratori? Troviamo la risposta nell’articolo 115: in questo caso è obbligatorio l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale, che dovrà essere valutato a seconda dell’uso specifico:
- assorbitori di energia;
- connettori;
- dispositivi di ancoraggio;
- cordini;
- dispositivi retrattili;
- guide o linee vita flessibili;
- guide o linee vita rigide;
- imbracature.
È responsabilità del datore di lavoro garantire una formazione adeguata all’utilizzo dei DPI, istruzioni comprensibili e assicurare che questi siano mantenuti in condizioni efficienti.
La normativa: la formazione per i lavoratori in quota
A questo punto, sorge spontanea una domanda: come si fa a valutare il rischio in modo efficace e a sapere quali sono i dispositivi più adatti a seconda delle situazioni? Per conoscere la risposta, esistono dei corsi di formazione obbligatori che devono riguardare:
- la normativa di riferimento
- i rischi a cui sono esposti i lavoratori
- il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione
- le misure di prevenzione e protezione
- quali sono gli obblighi del datore di lavoro e del lavoratore
Quello della formazione è un aspetto da non prendere sottogamba: i lavoratori in quota devono essere in grado di valutare e analizzare il rischio, oltre che a conoscere le misure di protezione da adottare. Inoltre è opportuno che la loro formazione venga aggiornata periodicamente, per stare al passo con i cambiamenti delle norme e del mondo del lavoro.
Come abbiamo visto, il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro non si esprime in modo vincolante sulla scelta dei DPI da utilizzare, ma stabilisce che vadano scelti a seconda delle circostanze. Per la protezione dei lavoratori in altezza, D-Air Lab ha prodotto WorkAir, il primo airbag indossabile al mondo certificato come DPIsviluppato per essere ergonomico, confortevole e leggero. Il sistema di attivazione avviene tramite un sofisticato algoritmo predittivo in grado di rilevare quando si verificano le condizioni d’incidente previste ed inviare il segnale di attivazione. A partire dal momento del riconoscimento della caduta, WorkAir gonfia il sacco e protegge efficacemente la schiena e il torace dei lavoratori dall’impatto al suolo o contro strutture circostanti.
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